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Lunario dei Giorni di Memoria


Trentatreesima settimana

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La scena interiore

Marcel Cohen - Ponte alle Grazie

Nel 1939, poco prima della dichiarazione di guerra, Jacques si presenta in compagnia di un fratello di Marie alla caserma di Reuilly. Si vogliono arruolare tutti e due come ha già fatto il più giovane dei fratelli Cohen, che è appena stato mobilitato ad Angouleme. Non possono essere accettati in un reggimento regolare perché sono apolidi, però sono pronti a raggiungere la Legione straniera. La risposta è che non c'è bisogno di ebrei nell'esercito francese. Quel giorno, l'ex-scolaro del liceo francese di Galatasaray dovette risolversi a guardare in faccia il volto di una Francia che i suoi professori avevano decisamente evitato di evocare.

   C'è un racconto di Vercors che s'intitola La Marche à l'étoile. Racconta l'odissea di un ebreo di Moravia venuto, come Jacques, a vivere a Parigi per amore della Francia. Per l'uno come per l'altro, Parigi non era soltanto la Ville Lumière, ma anche la città più intelligente del mondo. La Senna non scorre forse tra due file di libri? Nel 1940, la gendarmeria francese consegna l'eroe di Vercors ai tedeschi. Tre anni dopo, la polizia parigina consegna loro Jacques Cohen. Il libro di Vercors si apre con questa frase: «Il più delle volte l'amore si spegne in una fine sordida».

(…)

   Durante la guerra, non potendomi regalare dei giocattoli, Jacques aveva confezionato un piccolo cane con un ritaglio di tela cerata gialla. Imbottito di crine, questo cagnetto poteva entrare in un pacchetto di sigarette. La cucitura richiama i punti di sutura dei chirurghi e il filo nero serve anche a disegnare gli occhi. Mi hanno raccontato parecchie volte come io abbia voluto regalare questo cane ad alcune cugine di primo grado poco prima che partissero per l'Italia, dove i loro genitori avevano avuto la buona idea di rifugiarsi andando a stare in un paesino vicino al lago di Como. Era la fine del 1941, o l'inizio del 1942, prima che si scatenassero i rastrellamenti. Avevo quattro o cinque anni e di questo regalo non ho alcun ricordo. Durante gli anni di guerra, le mie cugine hanno tenuto questo piccolo cane con la più grande sollecitudine, pensando che non mi avrebbero più rivisto. Una ventina d'anni fa me l'hanno restituito e ora, mentre scrivo, ho il piccolo cane giallo sotto gli occhi. Anche se non  mi fa venire in mente nessun  ricordo, mi ha insegnato molto su Jacques, e in primo luogo sulla sua poco comune abilità manuale. Un uomo con un padre che ha messo in campo tanta minuziosità, tanta ingegnosità e tanta pazienza per regalare nonostante tutto un giocattolo al figlio, sa di avere tra le mani le prove di un affetto immenso.

Il cane giallo mi fa pensare a una piccola siderite comprata in un negozio di minerali a Parigi qualche anno fa: il certificato di autenticità attesta che il meteorite è contemporaneo alla formazione del sistema solare. Se teniamo presente  che gli oceani,  le foreste, i poli, i deserti e i massicci montagnosi rappresentano più dell'ottanta per cento della superficie terrestre, avevamo le stesse scarse probabilità di scoprire la siderite che di vedere il cane giallo sopravvivere ai disastri. (…)



















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