-
Ne sei proprio sicura? -
Sì! Te l’ho detto! – sbuffa Violetta. - E se ci scoprono?
–. Alberto si dondola sui piedi e infila le mani nelle tasche del grembiule. -
Non ci scopriranno. Non ci hanno mai scoperti sinora! Ma forse ho fatto male a
parlartene, forse non hai abbastanza fegato per… Alberto
ha uno scatto d’orgoglio: - Non ho detto che non lo farò… -. Prende fiato.
– È che questa storia mi sembra così strana. E poi tutti dicevano che
non ne era rimasto neppure uno di… -
Lascia perdere. Tieni questo, e ricorda: per entrare nel gruppo degli Azzoppati devi
avere almeno due insufficienze, nel Portfolio… Violetta
gli strizza l’occhio. Lancia un’altra occhiata fuori dal bagno e si dilegua in
fretta lungo il corridoio. Alberto invece resta lì, con lo strano ciondolo che
gli ha dato Violetta e con una gran confusione in testa. Il
ciondolo è tondo, un dischetto di cartone colorato di rosso sul quale sono
state incise cinque lettere. C.d.A.F.P.: Club degli
Azzoppati Felici Pochi. Violetta ne ha uno uguale, appeso al collo, ben
nascosto sotto il grembiule. Alberto
sospira. Dovrebbe rientrare subito nella seconda aula di Logico Matematica,
Gruppo B – livello medio, ma ora i suoi piedi sono diventati di piombo, e quasi
gli manca il respiro al pensiero di cosa diranno il papà e la mamma quando
sapranno che è scivolato su un’altra insufficienza, la seconda nel Portfolio, e
che perciò verrà assegnato al gruppo degli Azzoppati. E’
così che nella scuola vengono chiamati i bambini e le bambine non troppo
capaci. Quelli che nel Portfolio personale hanno segnate in rosso almeno due
insufficienze. Gli azzoppati. Gli scartini. Gli ultimi.
I pelandroni. Quelli che hanno poco sale nella zucca e non possono
più frequentare né i gruppi di Livello A né quelli di Livello B. E che invece
sono obbligati a frequentare il Laboratorio di recupero al pian terreno, nella
vecchia aula sul retro della scuola. Gli Azzoppati! ‘Mia madre mi
ucciderà…’ pensa ora Alberto, avviandosi verso l’aula. ‘E papà? Che dirà papà?
Già è diventato così triste, quando ha saputo dell’insufficienza in Geografia…” Poi però Alberto
ripensa a Violetta. Alla sua espressione sempre allegra. E pensa anche agli
altri Azzoppati, e a quella strana luce ribelle che ciascuno di
essi nasconde in fondo agli occhi, nel profondo più profondo, perché nessuno si
accorga del loro complotto. Ora Alberto è a pochi
passi dall’aula. Dietro la porta lo aspetta il suo Tutor. Troverà il coraggio
di farlo? Di farlo davvero? E se il suo Tutor sospettasse qualcosa? Se si
accorgesse che… No. Quello era
escluso. Nessuno dei Tutor si era sinora domandato come mai i bambini e le
bambine più in gamba della scuola improvvisamente avessero cominciato a zoppiccare.
Persino Violetta, che sino alla quarta elementare aveva frequentato tutti i
corsi di Livello A, e che nel suo Portfolio aveva avuto tanti “ottimo” quante
stelle ci sono in cielo. No. Il Tutor non si
sarebbe accorto di niente. Come diceva Violetta? “Hanno tutti la testa nelle
loro scartoffie. Portfoli, schede di verifica, prove oggettive, tabelle di
rilevamento dati e bla bla bla e bla bla bla…”. “Ok! Ora lo faccio!”
rompe ogni indugio Alberto. Entra in aula, si
siede al suo posto, legge attentamente il problema di Logico – Matematica (una
vera sciocchezza, persino per uno come lui che non ha mai brillato in quella
disciplina), e scrivendo in bella grafia sbaglia apposta tutte le operazioni.
Sbaglia persino le addizioni, e i prestiti nelle sottrazioni e le tabelline
nelle moltiplicazioni, e alla fine scrive una risposta così sballata da far
sussultare sulla sedia il suo Tutor. - Alberto! – esclama
ora infatti il Tutor, con la penna rossa ben stretta nelle mani. Alberto coglie
il suo sguardo grigio dietro gli occhialini spessi come la nebbia e capisce che
ci è cascato. - Credo che dovrò
parlare con i tuoi genitori – gli dice infatti il Tutor. – Per comunicargli che
tu, nel secondo quadrimestre, frequenterai il Laboratorio di recupero sul retro
della scuola… ‘Ecco, ora è fatta!’
si dice Alberto. E per non far capire
al Tutor quanto sia grande la felicità che gli straborda dal cuore, e gli
invade il petto, e minaccia di sgorgare da un momento all’altro in un
incontenibile sorriso sulle labbra, mette su l’espressione più stupida che
riesce a fare. Ma intanto, con la mano nella tasca del grembiule, accarezza il
ciondolo rosso del Club degli Azzoppati Felici Pochi. E spera
anche, con tutte le sue forze spera, che quello che gli ha detto Violetta sia
proprio vero: che nel sotterraneo della scuola si nasconda ancora l’ultimo…
l’ultimo… - Ma com’è? Com’è
fatto Lui? – chiede Alberto a Violetta. - Aspetta… ancora un po’
e lo vedrai… Alberto e Violetta
sono seduti l’uno affianco all’altra nel Laboratorio di recupero. L’aula è un
po’ buia, c’è odore di muffa, i muri avrebbero bisogno di una ripulita e il
vice-vice-Tutor seduto dietro la cattedra legge con il capo chino il Corriere
dello Sport. Intorno ad Alberto e
a Violetta ci sono altri bambini e altre bambine. Alberto ne conosce alcuni.
C’è Dino, della quarta classe, che l’anno prima aveva vinto il Primo Premio a
un concorso letterario. C’è Bianca, che in terza classe aveva partecipato ai
Campionati Nazionali di Matematica. E i gemelli Salvadore e Simone, bravissimi
nel disegno. E anche Francesco, che sa suonare la chitarra classica, il
pianoforte e il violoncello. E la piccola Chiara, che ha una memoria così
straordinaria da mandare giù a memoria intere pagine di un libro. Ed Emanuela,
che inventa storie fantastiche. E Bruno. Bruno che scrive bellissime
filastrocche. Tutti insieme
osservano il vive-vice-Tutor, che ora comincia a sbadigliare e a ciondolare il
capo sul Corriere dello sport. Violetta ha spiegato
ad Alberto che al vice-vice-Tutor non importa niente di loro. Che loro per lui
sono veramente degli azzoppati. Gli scartini. Gli ultimi.
I pelandroni. E che siccome non era mai successo che un azzoppato risalisse
ai piani alti della scuola, tutto ciò che il vice-vice-Tutor si limitava a fare
era quello di assegnare un breve compito e di leggere il Corriere dello
Sport, o La Gazzetta dello Sport o il Guerin Sportivo,
prima di mettersi a sonnecchiare sulla cattedra. ‘Credo anche che ce
l’abbia con tutti i suoi colleghi’ gli aveva detto Violetta. ‘Capirai! Il suo
stipendio è la metà di quello di un vice-Tutor, e un quarto di quello di un
Tutor! Anche lui è costretto a venire in quest’aula buia, e anche lui è una
specie di azzoppato!’ Alberto ora osserva
attentamente il viso dell’uomo, che si stropiccia gli occhi e comincia a
sbadigliare. E intanto freme e non vede l’ora di vedere con i suoi occhi ciò
che Violetta gli ha promesso che tra breve vedrà. - Ma Lui, voglio dire,
l’uomo che si nasconde nel…. – comincia a chiedere sottovoce a Violetta. Violetta però lo
zittisce con un gesto. – Ecco, quasi ci siamo – gli dice. Il vice-vice-Tutor ha
socchiuso gli occhi. Ha un piccolo sobbalzo. Solleva il viso e li guarda
malevolmente: - Scartini! Pfui! – dice. Poi finalmente reclina il
capo e comincia a russare. - Andiamo!
– sussurra Violetta ad Alberto. E’ venuta il momento,
finalmente! Tutti i bambini e le bambine del complotto, tutti i membri
del Club degli Azzoppati Felici Pochi si alzano, mettono sulle
spalle i loro zaini e in punta di piedi escono dal Laboratorio. Percorrono un
breve corridoio. Escono da una porta laterale nel giardino piccolo e incolto
sul retro della scuola. Poi raggiungono un’altra porticina, seminascosta sotto
un manto d’edera. Toc toc toc. - Avanti – dice una
voce. Alberto segue
Violetta e i compagni. Scende pochi gradini, poi si ritrova in una grande
stanza. Ci sono dei banchi,
dei vecchissimi banchi, e delle sedie. E un vecchio mappamondo. E tanti disegni
appesi alle pareti. E libri, molti libri dalle copertine colorate, allineati su
vecchi scaffali. E poi, in fondo,
seduto su una sedia a dondolo, c’è un signore dalla lunga barba bianca. ‘E Lui?’ si domanda
Alberto. Mentre tutti prendono
posto tra i banchi, il vecchio sembra leggergli nel pensiero. - Benvenuto Alberto –
lo accoglie, con una voce amica e calda. Gli si avvicina, gli
dà un buffetto sulla guancia. Poi passa di banco in banco e per tutti ha un
saluto o una carezza. Alberto allora si
convince che quello non è un sogno. E che tutto ciò che Violetta gli ha
raccontato è proprio vero. Nel sotterraneo dell’Istituto, sotto il naso di
tutti i Tutor, di tutti i vice-Tutor e i vice-vice-Tutor, vive ancora un
Maestro. L’ultimo Maestro. Vive lì sotto, e
nessuno lo sa, e nessuno lo immagina, e quella stanza lui la chiama Scuola. E
in quella Scuola, in quella Scuola… - Questa da oggi sarà
anche la tua Scuola – gli legge di nuovo nel pensiero il Maestro. – E in questa
Scuola sarai uguale a tutti i tuoi compagni. Non avrai alcun Portfolio. Non
verrai separato in gruppi separati. Non verrai mai giudicato solo per ciò che
saprai fare. E farai solo ciò che ti serve per imparare a vivere, ma
soprattutto per imparare a essere felice… - Davvero? Felice? –
sussurra timidamente Alberto, sentendo un formicolio sulle labbra e tanto tanto
caldo nel petto. - Certo! Che
altro c’è, al mondo, di più importante della Felicità? E all’improvviso,
sulle labbra dell’ultimo Maestro spunta un sorriso che sbrilla e luccica e
quasi abbaglia, come fa il sole quando ti azzardi a guardarlo dritto in faccia. - Ascoltatemi, oggi
vi leggerò una storia… - dice. E mentre lui si
risiede sulla sua sedia a dondolo, con un grande libro aperto tra le mani,
Alberto mastica e rimastica quella parola che ora ha un nuovo sapore, scuola scuola scuola,
e gli sembra di essere diventato leggerissimo, e di galleggiare tra le nuvole,
anzi più su, e di guardare dritto in faccia il sole che sbrilla e sbrilla e
sbrilla: e luccica e quasi abbaglia. |