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Lunario dei giorni di scuola


Appendice dodicesimo

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Jane Eyre

Charlotte Brontë

(...)

«Qual è l’occupazione che ha in vista, signor Rivers? Spero che questo rinvio non aumenterà la difficoltà di ottenerlo». «Oh, no; è un’occupazione che dipende unicamente da me di offrirle, e da lei d’accettarla». Si fermò di nuovo. Poiché pareva riluttante a continuare, la mia impazienza crebbe, e gli feci capire il mio sentimento con il gesto e con lo sguardo meglio che con le parole. «Non abbia fretta di sapere», disse; «a dir la verità non ho nulla di speciale e vantaggioso da offrirle. Prima di parlare, devo ricordarle quello che le dissi subito, che l’aiuto che le avrei dato sarebbe stato quello del cieco allo zoppo. Sono povero. Pagati i debiti di mio padre, tutto il patrimonio che mi rimarrà sarà questa baracca in rovina, la fila di pini schiantati, il piccolo appezzamento di brughiera di fronte ai tassi e agli agrifogli. Sono oscuro. I Rivers sono una vecchia famiglia, ma, dei tre ultimi discendenti, due devono guadagnarsi il pane fuori di casa, e il terzo si sente estraneo alla sua terra natia, non solo in vita, ma in morte; sì, e ritiene, è incline a ritenersi privilegiato dalla sorte, e non aspira che al giorno in cui taglierà ogni legame col mondo carnale, e in cui il capo di quella Chiesa militante, di cui è un umilissimo membro, pronuncerà le parole: “Alzati e seguimi!”». St. John profferì queste parole con lo stesso tono calmo e profondo con cui pronunciava le prediche; con le guance infiammate e lo sguardo lampeggiante. Riprese: «E dal momento che sono povero e oscuro, non posso offrirle che un lavoro povero e oscuro. Lei può perfino giudicarlo degradante, poiché, noto, ha delle abitudini così dette raffinate. I suoi gusti tendono all’ideale, ed è vissuta fra persone istruite. Ma a mio giudizio nulla che serva a migliorare la nostra razza, umilia. Ritengo che più arido e ingrato è il suolo che tocca al cristiano di coltivare, più limitate le ricompense per il suo lavoro, più grande è il merito. Questo è il compito del pioniere. E i primi pionieri del Vangelo furono gli Apostoli, il loro capo fu Gesù, il Redentore». «Ebbene?», dissi io quando si arrestò di nuovo. «Continui…». Prima di continuare, posò con lentezza i suoi occhi sul mio viso come se i miei lineamenti fossero una pagina su cui potesse leggere. E poi espresse in parte il risultato di questo suo esame nelle seguenti osservazioni. «Credo che accetterà il posto che le offrirò, e vi rimarrà qualche tempo, ma non per sempre; non più di quello che io potrei tenere il ristretto e restringente ufficio di un povero parroco di paese. Perché sia nella sua come nella mia natura vi è un elemento, sebbene di diverso genere, inconciliabile con la quiete». «Si spieghi», sollecitai non appena ebbe finito. «Naturalmente, la proposta che le farò è ben misera e umile. Io non resterò lungo tempo a Morton, ora che mio padre è morto, e che son padrone delle mie azioni. Lascerò il posto probabilmente entro un anno; ma finché rimarrò qui, cercherò di tutto per migliorarlo. Morton, quando arrivai due anni fa, non aveva la scuola. I figli dei poveri non avevano alcuna possibilità di istruirsi. Istituii una scuola per i ragazzi. Ora ho intenzione di aprirne una per le ragazze. A questo scopo ho preso in affitto un locale con attigua una casetta che faccia da casa per la maestra. Avrà uno stipendio di trenta sterline l’anno. La casa è già ammobiliata in maniera semplice, ma decorosa, grazie alla generosità della signorina Oliver, l’unica figlia del signor Oliver, il solo uomo ricco della mia parrocchia, che è proprietario della fabbrica di aghi e della fonderia della vallata. La stessa signorina pagherà un’orfana dell’ospizio perché aiuti la maestra nelle faccende domestiche e nella pulizia della scuola, che le sue occupazioni scolastiche le impediranno di eseguire di persona. Accetta questo posto di maestra?». Pose la domanda piuttosto precipitosamente, come se si aspettasse di sentirmi rifiutare l’offerta con indignazione o almeno con disprezzo. Egli non conosceva abbastanza i miei pensieri e sentimenti, per poter prevedere sotto qual luce vedevo la proposta. In verità era un posto modesto, ma mi offriva quello di cui abbisognavo, un rifugio sicuro. Era un lavoro faticoso, ma, confrontato con quello di governante in una famiglia ricca, aveva il vantaggio di essere indipendente, e la paura di servire degli estranei mi bruciava l’animo come un ferro rovente. Non era né indegno, né spiritualmente degradante. Mi decisi. «La ringrazio della proposta, signor Rivers, e l’accetto con tutto il cuore». «Mi comprende bene?», continuò. «È una scuola di villaggio. Le scolare sono ragazze povere, figlie di operai, al massimo di agricoltori. Tutto quello che dovrà insegnare è cucire, far la maglia, leggere, scrivere e far di conto. Potrà mettere da parte i suoi talenti, e non saprà più che farsene dei suoi doni intellettuali, dei suoi sentimenti e dei suoi gusti». «Li riserverò per il giorno in cui serviranno». «Allora ha capito bene?» «Sì». Sorrise, e questa volta non di un sorriso triste e amaro, ma profondamente compiaciuto e grato. «E quando vorrà cominciare l’esercizio delle sue funzioni?» «Andrò a vedere la casa domani, e aprirò la scuola la settimana ventura, se lei è d’accordo». «Benissimo, siamo intesi». Si alzò e cominciò a passeggiare per la stanza. Poi si fermò e mi guardò di nuovo. Scosse la testa. «C’è qualcosa che non va, signor Rivers?», domandai. «Lei non rimarrà a Morton per molto tempo; no, no!». «Perché? Che ragione ha di pensare così?» «Lo leggo nei suoi occhi. E in essi non c’è scritto che promettono di accettare questa situazione per sempre». «Io non ho ambizione». Egli trasalì a queste parole. «No! Che cosa le ha fatto pensare all’ambizione? Chi ha dell’ambizione? Io sì, lo riconosco. Ma come l’ha scoperto?» «Io parlavo di me». «Ebbene, se lei non ha ambizione, però è…», si fermò. «Che cosa?» «Stavo per dire, appassionata. Ma forse potrebbe male interpretare il vocabolo e offendersene. Voglio dire che gli affetti e le simpatie umane hanno potente presa su di lei. Sono certo che si stancherà presto di passare il suo tempo nella solitudine, e di dedicarsi a un lavoro monotono, assolutamente privo di stimolo. Non più di quello che potrei essere contento io», aggiunse con enfasi, «di vivere sepolto nella palude, rinchiuso fra le montagne. La natura, che Dio mi ha dato, vi si oppone; le mie facoltà, che sono un dono del cielo, sono paralizzate, rese inutili. Lei può dire che mi contraddico, io, che predicavo di accontentarsi di una sorte umile, e che riconoscevo al servizio di Dio anche i più modesti lavoratori… io, suo ministro, quasi deliro nella mia inquietudine. Ma, in qualche modo, si devono pur conciliare le inclinazioni e i princìpi». Egli lasciò la stanza.

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