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Lunario dei giorni di scuola


Appendice diciassettesimo

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Mastrangelina


Corrado Alvaro


(...) - Com'è il professore Feronti? - chiese Diacono.
- Fin troppo buono. E' un debole. E' guastato dai libri. Non si sa far valere.
- Dici che mi prenderà? - chiese Diacono trepidante.
- Ma certo, prende tutti. E' diventato rifugio della provincia.
- E come ci si sta?
- Dà un letto per dormire. Costa dieci lire al mese. Per il resto puoi provvedere da te. Anche se non le hai, le dieci lire, gliele dai quando puoi. Se avesse denaro, ti terrebbe anche gratis. Ma non ne ha. (...)
Sarebbe bello che mai niente invecchiasse. Il professore non sarebbe vecchio, avrebbe una giacca sempre nuova.
E' piccolo e con i capelli bianchi; ma potrebbe mettersi una giacca nuova, il direttore del convitto Feronti. Delle volte lo prendono per il cameriere. Io ci andrei volentieri a spasso, è come un padre: sarei più contenta se soltanto fosse un po' più alto, povero professore.
E' istruito, ma non lo fa vedere, scherza sempre e non dice mai niente di serio. È simpatico, e poi è buono, se fossi in lui non terrei questi ragazzi senza soldi.
Nessuno lo paga, e lui dice che fa del bene a tanti ragazzi che non hanno soldi per studiare.
Dice che lo pagheranno poi. Ma questi ragazzi non hanno niente di bello, sono vestiti non si sa come, non portano neppure il cappello, e i bastoni potrebbero lasciarli al loro paese. Che bisogno c'è di portare i bastoni? Fanno curiosi giochi, si sfidano, lottano, si picchiano. Non saprebbero sciogliere un nastro senza sciuparlo, scommetto. Da noi, nel convitto non vengono mai quei giovani delicati, vestiti bene, ben pettinati.




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