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Lunario dei giorni di scuola


Appendice quarantesimo

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La brughiera

Thomas Hardy

 

Scese nella valle e ben presto raggiunse la sua casa a Blooms-End. Sua madre stava togliendo le foglie secche dai vasi che teneva sul davanzale. Alzò gli occhi a guardarlo come se non comprendesse la ragione del suo lungo soggiorno; da diversi giorni lo guardava in quel modo. Egli si rese conto che la curiosità dimostrata dal gruppo d'uomini che si facevano tagliare i capelli, era diventata in sua madre vera e propria preoccupazione. E tuttavia non gli aveva chiesto nulla, anche quando l'arrivo dei bauli le aveva fatto capire che non se ne sarebbe andato per un pezzo. Ma il suo silenzio era più espressivo delle parole, ed egli sentì di doverle una spiegazione.
«Non tornerò più a Parigi, mamma,» disse. «Almeno, non per riprendervi il mestiere di prima. Ci ho rinunciato.»
La signora Yeobright si voltò a guardarlo, colpita e sorpresa. «Ho subito immaginato che ci fosse qualcosa che non andava, quando ho visto arrivare i bauli. Ma perché non me l'hai detto subito?»
«Avrei dovuto farlo, infatti. Ma non sapevo se avresti approvato il mio progetto. Su alcuni punti non avevo neanch'io le idee molto chiare. Ho deciso di fare un lavoro completamente nuovo.»
«Mi meraviglio, Clym. Come puoi trovare un lavoro migliore di quello che hai fatto finora così bene?»
«Oh, è molto facile; anche se non sarà un lavoro migliore nel senso in cui tu lo intendi; ti sembrerà forse peggiore. Ma odio ormai quel mestiere e voglio far qualcosa di buono prima di morire. E credo di poterlo fare come maestro: maestro dei poveri e degli ignoranti, che nessun altro si preoccupa d'istruire.»
«Dopo tutta la pena per darti un buon avvio, e quando ti basterebbe continuare nel tuo lavoro per diventare ricco, come puoi pensare di ridurti a far la vita d'un povero maestro? Le tue fantasie ti porteranno a rovina, Clym.»
La signora Yeobright parlava con tono calmo, ma la forza del sentimento nascosta dietro le sue parole era anche troppo evidente per chi la conoscesse bene come suo figlio. Egli non rispose. Il suo volto rivelava quella certezza di non esser compreso che si ha quando l'interlocutore è costituzionalmente al di là d'una logica che, anche nelle condizioni più favorevoli, è un mezzo di comunicazione troppo grossolano per la sottigliezza dell'argomento.
Non ne parlarono più sino alla fine del pranzo. Sua madre disse allora, come continuando il discorso iniziato al mattino: «Mi addolora, Clym, vedere che sei tornato con simili idee per la testa. Non avrei mai immaginato che tu potessi desiderar di peggiorare, di tua propria volontà, la posizione che hai nel mondo. Ho sempre pensato che avresti preferito migliorarla, come fanno gli altri uomini - quelli degni di questo nome - che abbiano la possibilità di far fortuna.»
«Non è colpa mia,» disse Clym, con voce turbata, «se odio quel mestiere superficiale, tutto apparenza. Tu parli di uomini degni di questo nome; come può esserne degno chi passi il suo tempo in quel modo effeminato, mentre vede metà degli esseri umani condurre una vita infelice perché non c'è nessuno che si dedichi con impegno a insegnar loro ad affrontare e trasformare la misera condizione in cui sono nati? Ogni mattina, svegliandomi, vedo l'intero creato gemere sotto il peso della fatica e del dolore, come dice San Paolo; e poi vedo me stesso, intento a trafficare in luccicanti oggetti preziosi con donne ricche e libertini titolati, lusingando le vanità più meschine: io, che ho forza e salute sufficiente per far qualsiasi cosa. Da un anno almeno intimamente ne soffro, e ora ho capito che non posso più continuare.»
«Ma perché devi esser diverso dagli altri?»
«Non so; so soltanto che molte sono le cose a cui gli altri tengono e a cui invece io non tengo affatto; ed è in parte per questo che ho deciso. In primo luogo, il mio fisico non ha molte esigenze. Non so godere le raffinatezze, non apprezzo il lusso. Tanto vale che faccia di questa mia deficienza una virtù e che, potendo fare a meno di ciò che altri trovano indispensabile, dia agli altri quel che non spendo in inutili lussi.»
In realtà, alcuni di questi istinti Yeobright li aveva ereditati proprio dalla donna che aveva ora dinanzi a sè e non potè quindi fare a meno di toccarla nel sentimento, se non col ragionamento, anche se ella, convinta di fare il suo bene, cercava in tutti i modi di nasconderglielo. Fu quindi con tono assai meno sicuro ch'ella gli disse: «Eppure, continuando per la tua strada, avresti potuto diventare molto ricco. Direttore d'una grossa ditta di pietre preziose... che cosa si può desiderare di meglio? È una posizione che si fonda sulla fiducia e sul rispetto! Mi accorgo che sei come tuo padre: come lui, ti stanchi di fare un lavoro serio.»
«No,» rispose suo figlio. «Non sono stanco del lavoro, ma di quello che tu intendi per lavoro. Che cos'è per te, mamma, un lavoro serio?»
La signora Yeobright era una donna troppo intelligente per accontentarsi di definizioni superficiali e banali: come il «che cos'è la saggezza?» del Socrate di Platone, e il «che cos'è la verità?» di Ponzio Pilato, la scottante domanda di Yeobright rimase quindi senza risposta.
Il silenzio fu rotto dal rumore del cancello del giardino che si apriva; poi qualcuno bussò alla porta ed entrò: era Christian Cantle, vestito con gli abiti della domenica.
Era consuetudine a Egdon incominciare il proemio d'una storia prima d'esser entrati completamente in casa, in modo d'arrivare alla storia vera e proprio quando visitatore e ospite fossero faccia a faccia. Mentre tirava il paletto Christian aveva dunque incominciato a dire: «E pensare che io, che non esco quasi mai di casa e ben raramente a quell'ora, debba essermi trovato là proprio questa mattina!»
«Che notizia ci porti, dunque, Christian?» disse la signora Yeobright.
«Oh, terribile: c'è una strega, e dovete perdonarmi se vengo a quest'ora; perché, dico io, "devo andare ad avvertirli subito, anche se stanno ancora pranzando". Vi assicuro che tremavo come una foglia. Credete che capiterà qualche cosa adesso?»
«Ma che cosa?»
«Questa mattina in chiesa ci eravamo alzati tutti in piedi e il parroco aveva detto: "Ora, preghiamo." "Bene," penso io, "tanto vale inginocchiarsi, allora"; e così mi sono inginocchiato; e anche tutti gli altri hanno ubbidito. Ma ci eravamo appena inginocchiati quando si sente un urlo terribile in tutta la chiesa, come se avessero trafitto il cuore di qualcuno. Tutti allora saltano in piedi e si viene a sapere che Susan Nunsuch ha punto la signorina Vye con un lungo ferro da calza: aveva minacciato di farlo appena la signorina fosse andata in chiesa, dove non va molto spesso. Ha aspettato l'occasione per diverse settimane; voleva cavarle il sangue, ha detto, perché non potesse più stregare i suoi bambini come fa da un pezzo. La seguì dunque in chiesa, si sedette vicino a lei e, appena le fu possibile, piantò il ferro nel braccio della ragazza.»
«Che orrore!» disse la signora Yeobright.
«L'ha punta così forte che la ragazza è svenuta; avevo paura che succedesse chissà che cosa, perciò mi sono nascosto dietro il contrabbasso e non ho più visto niente. Dicono che l'hanno portata fuori - all'aria; e quando si son messi a cercare Sue, era scomparsa. Che strillo ha gettato, povera ragazza! Il parroco, in cotta e stola, continuava ad alzare la mano e a dire: "Sedetevi, brava gente, sedetevi!" Ma chi diavolo poteva pensare a sedersi in quel momento! Oh, lo sa che cosa ho scoperto, signora Yeobright? Che il parroco, sotto la tonaca, porta un vestito come noi!... Quando ha alzato il braccio, ho potuto vedere la manica nera.»
«Che barbarie!» disse Yeobright.
«Sì, una vera barbarie», approvò sua madre.
«Le autorità dovrebbero provvedere,» disse Christian. «Ma ecco che arriva anche Humphrey.»
Entrò Humphrey. «Avete sentito la notizia? Vedo che sapete già. Sembra strano, ma appena uno di Egdon va in chiesa, capita di sicuro qualche stranezza. L'ultima volta che ci andò uno di noi, il vicino Fairway morì in autunno; e fu proprio il giorno in cui lei, signora Yeobright, si oppose alle pubblicazioni.»
«La ragazza ha potuto ritornare a casa?» disse Clym.
«Dicono che s'è subito ripresa e che se n'è andata tranquillamente. E ora che ve l'ho detto, me ne vado a casa anch'io.»
«Anch'io,» disse Christian. «Vedremo ora se c'è qualcosa di vero in ciò che si dice di lei.»
Quando se ne furono andati, Yeobright chiese alla madre con tono tranquillo: «Credi ancora che abbia torto a voler diventare maestro per insegnar qualcosa a questa gente?»
«È giusto che ci siano maestri e missionari e altre persone del genere,» ella rispose. «Ma è anche giusto che io cerchi di distoglierti da simili carriere perché tu ti faccia una posizione migliore e non ritorni indietro nella scala sociale. Pensa ai sacrifici che ho fatto per darti questa possibilità.»
Più tardi arrivò anche Sam, il tagliatore di ginestra. «Sono venuto a chiederle una cosa in prestito, signora Yeobright. Ha sentito quel ch'è capitato alla nostra bellezza di Mistover?»
«Sì, Sam, ho sentito: è venuta almeno una dozzina di persone a dircelo.»
«Bellezza?» chiese Clym.
«Sì, non c'è male,» rispose Sam. «Sembra a tutti molto strano che una così bella ragazza sia venuta a vivere qui.»
«È bruna o bionda?»
«Mah! L'avrò vista una ventina di volte, ma proprio non riesco a ricordarmene.»
«Ha i capelli più scuri di Thomasin,» mormorò la signora Yeobright.
«È una donna che ha l'aria d'infischiarsi di tutto, come si suol dire.»
«È un tipo malinconico?» chiese Clym.
«Ama star sola e non fa amicizia con nessuno.»
«Le piacciono le avventure?»
«No, ch'io sappia.»
«S'imbranca a volte coi ragazzi, per distrarsi, in questo luogo così solitario?»
«No.»
«Non va in maschera?»
«No. I suoi gusti son molto diversi. Direi piuttosto che le piacerebbe essere molto lontano di qui, fra dame e cavalieri che non conoscerà mai, e palazzi che non riuscirà mai a vedere.»
Accorgendosi che Clym sembrava vivamente interessato, la signora Yeobright s'affrettò a dire a Sam: «Tu vedi in lei più di quel che ci vedono molti altri. Secondo me, la signorina Vye è troppo fiacca e oziosa per essere interessante. Non ho mai sentito dire che abbia fatto qualcosa di utile a lei o agli altri. Una brava ragazza non viene accusata d'essere una strega, neanche in un posto come Egdon!»
«Sciocchezze... Questo non dimostra proprio nulla,» disse Yeobright.
«Oh, io non ci capisco niente in queste cose,» disse Sam tirandosi indietro da una discussione probabilmente sgradevole; «e sarà il tempo a dirci che cosa quella ragazza sia veramente. Ma la ragione per cui sono venuto fin qui è che vorrei in prestito la corda più robusta che avete. Il secchio del capitano è caduto nel pozzo, e così a casa sua sono senz'acqua, e siccome oggi gli uomini non lavorano, penso che potremo tirarglielo fuori. Abbiamo già tre funi da carro, ma non arrivano sino in fondo.»
La signora Yeobright gli disse di prendere tutte le corde che trovava sotto la tettoia, e Sam andò a cercarle. Quando ripassò dinanzi alla porta, Clym si unì a lui e lo accompagnò sino al cancello.
«Questa signorina strega si tratterrà molto a Mistover?» chiese.
«Credo di sì.»
«È una vergogna che le abbiano fatto del male! Deve avere sofferto molto... più nello spirito che nel corpo.»
«È stata proprio una cattiva azione... e contro una così bella ragazza poi! Lei dovrebbe conoscerla, signor Yeobright, dato che viene di lontano, e ha più esperienza di noi.»
«Credi che le piacerebbe far scuola ai bambini?» chiese Clym.
Sam fece di no col capo. «Non mi sembra il tipo adatto,» rispose.
«Oh, era una semplice idea. Bisognerebbe comunque vederla e parlarle..




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