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Lunario dei giorni di scuola


Ventesima settimana intermezzo

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Francesco Enna

 Il bambino di porcellana.

 

Un professore di pietra pomice.

C’era una volta uno di quei vecchi professori di pietra pomice, bisbetici e antipatici, che è sempre meglio perdere che trovare. Questo era ispido come un riccio  con tutti bisticciava , a tutti rispondeva male, diceva le parolacce e faceva persino le boccacce.
Era anche manesco in una maniera scandalosa. Se qualcuno si azzardava a fissarlo troppo a lungo o, semplicemente, a guardarlo di sbieco, il Professore era capace di saltargli subito addosso e di riempirli la faccia di schiaffi e di graffi. Non si pettinava né si sbarbava mai. Per questa ragione  aveva  l’aspetto di un istrice barbuto o, se si preferisce, di un barbone canuto. E poi sputava. Era diventato così abile nel lancio dello sputo che riusciva a centrare a venti metri di distanza l’occhio di chiunque gli fosse antipatico. Era il campione mondiale di sputo da fermo fra tutti i vecchi professori di pietra pomice. E c’era un’altra cosa ancora : faceva la pipì nel letto.
Un professore così insopportabile non lo si era mai conosciuto.
Ma non era sempre stato così. Molto tempo prima era stato un professore come tanti altri: serio, educato, forse un po’ severo, ma giusto.
Non aveva mai dato troppa confidenza agli estranei, ma era sempre stato cortese con tutti. I primi segni di squilibrio si erano manifestati subito dopo la morte di sua moglie, che era una donna molto dolce e materna (sebbene non avesse avuto dei figli e quindi non potè mai provarlo),  ma anche tanto ingenua. Era morta di broncopolmonite doppia per aver tentato di salvare la “moquette” del suo salotto dall’allagamento d’un fiume in piena.
(…)
Ma da quel giorno, il Professore non fu più lo stesso. Qualcosa gli si era rotto dentro.
Diventò ombroso, scostante, non guardò più in faccia la gente; da allora odiò l’acqua a morte, tanto da non lavarsi più neppure le mani e la faccia , così che incominciò a puzzare come un vecchio caprone; e poi prese a comportarsi nel brutto modo che abbiamo già descritto all’inizio.
Insomma, diventò anche lui un autentico professore di pietra pomice.
Infine, quando il mondo gli sembrò proprio insopportabile, si ritirò in una villetta di sua proprietà, poco fuori paese, che recinse personalmente con un muro altissimo e impenetrabile.
Poiché, però, aveva bisogno di qualcuno che si occupasse dell’andamento della casa, consentì soltanto a una persona di vivergli accanto: era la signora Emilia: una robusta contadina dai modi burberi e  sbrigativi, grossa come una mongolfiera e con un vocione da sergente di fanteria, ma anche tanto paziente e comprensiva .
Nella sua casa - fortezza, il Professore visse in solitudine quasi completa, disprezzando il mondo intero  e calpestando stizzosamente le aiuole del suo giardino.
Finchè non incontrò Daniele, il bambino di porcellana.




















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