frecciagialla

Lunario dei giorni di paura


Ventiseiesima settimana

shelley

Mary Shelley

L’ultimo uomo


(…) Certamente il Ryland che avanzava verso di noi somigliava poco al potente, ironico, apparentemente intrepido politico di prim'ordine tra gli inglesi. La nostra quercia natale, come lo chiamavano i suoi sostenitori, era stata visitata da un rigido inverno. Sembrava quasi alto la metà del suo solito; le articolazioni sciolte, gli arti di poco sostegno; la faccia contratta, lo sguardo vagante; la debolezza di propositi e la vile paura erano espressi in ogni gesto. In risposta alle nostre domande insistenti, cadde dalle sue labbra una sola parola, come involontariamente: Peste.—"Dove?"—"Dovunque—dobbiamo scappare—scappare tutti—ma dove? Nessuno può dirlo—non c'è rifugio sulla terra, ci cade addosso come mille branchi di lupi—dobbiamo tutti scappare – dove andrete? Dove possiamo tutti andare?"

Queste parole vennero sillabate tremando dall'uomo di ferro. Adrian replicò: "Dove davvero vorreste fuggire? Dobbiamo restare tutti; e fare del nostro meglio per aiutare i nostri simili che soffrono." "Aiutare!" disse Ryland, "non c'è aiuto – gran Dio, chi parla di aiuto! Tutto il mondo ha la peste!" "Allora, per evitarla, dobbiamo lasciare il mondo" osservò Adrian, con un sorriso gentile. Ryland gemette: gocce di sudore freddo gli coprirono la fronte. Era inutile opporsi al suo parossismo di terrore; ma lo calmammo e lo incoraggiammo; così, dopo un po', fu in grado di spiegarci le cause del suo allarme. Lo riguardava piuttosto da vicino. Uno dei suoi servi, mentre lo stava servendo a tavola, era improvvisamente caduto morto. Il medico aveva dichiarato la morte per peste. Cercammo di calmarlo – ma noi stessi non eravamo calmi. Vidi lo sguardo di Idris vagare da me ai suoi figli, con un ansioso appello al mio giudizio. Adrian era assorto in meditazione. In quanto a me, ammetto che le parole di Ryland risuonavano ancora nelle mie orecchie: tutto il mondo era infetto - in quale ritiro incontaminato avrei potuto salvare i miei amati tesori, fono a che l'ombra della morte non fosse passata da sopra la terra? Affondammo nel silenzio: un silenzio che beveva i racconti dolenti e i pronostici del nostro ospite. Ci eravamo allontanati dalla folla, e, saliti i gradini della terrazza, ci dirigemmo al castello. Il nostro mutamento di umore colpì quelli più vicini a noi; e, attraverso i servi di Ryland, si sparse presto la notizia che era fuggito dalla peste di Londra. I gruppetti vivaci si sciolsero – si trasformarono in capannelli mormoranti. Lo spirito di allegria si eclissò; la musica cessò; i giovani lasciarono le loro occupazioni e si riunirono. La spensieratezza che li aveva fatti vestire in maschera, decorare le loro tende, e riunirli in gruppi fantastici, sembrò un peccato e una provocazione contro il terribile destino che aveva posto la sua mano paralizzante sulla speranza e la vita. (…)




















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