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Lunario dei giorni di paura


Cinquantaduesima settimana

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L'amore ai tempi del colera

Gabriel García Márquez

Mondadori

Quando Florentino Ariza la vide per la prima volta, sua madre l’aveva scoperto prima che lui glielo raccontasse, perché gli andarono via la parola e l’appetito e passava le notti in bianco a rigirarsi nel letto. Ma quando cominciò ad aspettare la risposta alla sua prima lettera, l’ansia si complicò con diarree e vomiti verdi, smarrì il senso dell’orientamento e aveva svenimenti repentini, e la madre si terrorizzò perché le sue condizioni non assomigliavano ai disordini dell’amore ma agli scempi del colera.

Il padrino di Florentino Ariza, un anziano omeopata che era stato il confidente di Tránsito Ariza ai tempi in cui lei era un’amante segreta, si allarmò pure lui a prima vista per le condizioni del malato, che aveva il polso debole, il respiro affannoso e i sudori pallidi dei moribondi. Ma la visita rivelò che non aveva febbre né dolore in alcuna parte e che l’unica cosa concreta che sentiva era un bisogno urgente di morire. Gli bastò un interrogatorio insidioso, prima a lui e poi alla madre, per constatare un’ennesima volta che i sintomi dell’amore sono gli stessi del colera.

Prescrisse infusi di fiori di tiglio per svagare i nervi e suggerì un cambiamento d’aria per cercare conforto nella distanza, ma quello cui anelava Florentino Ariza era tutto il contrario: godere del suo martirio. Tránsito Ariza era una meticcia libera, con un istinto per la felicità guastato dalla miseria, e si compiaceva delle sofferenze del figlio come se fossero sue. Gli faceva bere infusi quando lo sentiva delirare e lo avvolgeva in coperte di lana per ingannare i brividi, ma al contempo gli faceva coraggio affinché si svagasse nella sua prostrazione. «Approfittane adesso che sei giovane per soffrire tutto quello che puoi» gli diceva, «che queste cose non durano tutta la vita.»

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