frecciagialla

Lunario dei giorni di paura


Ottava settimana

cecita

Cecità

José Saramago



(…) Allora la moglie del medico disse, Vado avanti io. Il primo cieco nascose il capo sotto la coperta, come se servisse a qualche cosa, cieco lo era già, il medico attirò a sé la moglie e, senza parlare, le diede un rapido bacio sulla fronte, cos’altro poteva fare lui, agli altri uomini tanto si doveva dare, non avevano né diritti né obblighi coniugali su nessuna di quelle donne, perciò nessuno potrebbe andare a dirgli, Cornuto consenziente, cornuto due volte. La ragazza dagli occhiali scuri andò a mettersi dietro la moglie del medico, poi, una dopo l’altra, la cameriera dell’albergo, l’impiegata dell’ambulatorio, la moglie del primo cieco, quella che non si sa chi sia, e infine la cieca delle insonnie, una fila grottesca di femmine maleodoranti, con gli abiti immondi e cenciosi, sembra impossibile che la forza bestiale del sesso sia ancora tanto possente, al punto da accecare l’olfatto, che è il più delicato dei sensi, ci sono persino dei teologi che affermano, benché non con queste parole precise, che la maggior difficoltà per riuscire a vivere decentemente all’inferno è l’odore che c’è. Lentamente, guidate dalla moglie del medico, ciascuna con la mano sulla spalla della seguente, le donne cominciarono a camminare. Erano tutte scalze perché non volevano perdere le scarpe fra i tormenti e le angosce per cui sarebbero passate. Quando arrivarono nell’atrio d’ingresso, la moglie del medico si avviò verso la porta, forse voleva sapere se il mondo ci fosse ancora. Nel sentire la freschezza dell’aria, la cameriera dell’albergo ricordò spaventata, Non possiamo uscire, là fuori ci sono i soldati, e la cieca delle insonnie disse, Tanto meglio, in meno di un minuto saremmo morte, come del resto dovremmo essere, tutte morte, Noi, domandò l’impiegata dell’ambulatorio, No, tutte noi che ci troviamo qui dentro, almeno avremmo il migliore dei motivi per essere cieche. Non aveva mai pronunciato tante parole di seguito da quando l’avevano portata. La moglie del medico disse, Andiamo, solo chi dovrà morire morirà, la morte sceglie senza avvisare. Oltrepassarono la porta che dava accesso all’ala sinistra, si infilarono nei lunghi corridoi, le donne delle prime due camerate avrebbero potuto, volendo, dir loro cosa le aspettava, ma se ne stavano rannicchiate nei letti come bestie bastonate, gli uomini non si azzardavano a toccarle, appena tentavano di avvicinarsi, quelle si mettevano a gridare. Nell’ultimo corridoio, giù in fondo, la moglie del medico vide un cieco che stava di sentinella, come al solito. Doveva aver sentito i passi strascicati, lanciò un avvertimento, Stanno arrivando, stanno arrivando. Dall’interno partirono grida, nitriti, risate. Quattro ciechi scostarono rapidamente il letto che fungeva da barriera all’entrata, Presto, ragazze, entrate, entrate, qui sembriamo tutti dei cavalli, ve ne andrete via a pancia piena, diceva uno. I ciechi le circondarono, tentavano di palpeggiarle, ma indietreggiarono subito dopo, scontrandosi, quando il capo, quello che aveva la pistola, gridò, Il primo a scegliere sono io, lo sapete. Gli occhi di tutti quegli uomini cercavano ansiosamente le donne, alcuni allungavano le mani avide, se di sfuggita ne toccavano qualcuna sapevano finalmente in che direzione guardare. In mezzo alla corsia, fra i letti, le donne erano come i soldati schierati in attesa che vengano a passarli in rivista. Il capo dei ciechi, pistola in pugno, si avvicinò, agile e disinvolto come se con gli occhi di cui disponeva potesse vedere. Posò la mano libera sulla cieca delle insonnie, che era la prima, la palpeggiò davanti e dietro, il sedere, le mammelle, in mezzo alle gambe. La cieca attaccò a gridare e lui la spinse via, Non vali niente, puttana. Passò alla successiva, che era quella che non si sa chi sia, adesso palpeggiava con tutte e due le mani, si era infilato la pistola nella tasca dei pantaloni, Guardate che questa non è niente male, e subito dopo passò alla moglie del primo cieco, poi all’impiegata dell’ambulatorio, poi alla cameriera dell’albergo, esclamò, Ragazzi, queste qui non sono affatto male. I ciechi nitrirono, diedero pacche per terra, Diamoci sotto, che si fa tardi, strillarono alcuni, Calma, disse quello della pistola, fatemi vedere prima come sono le altre. Palpeggiò la ragazza dagli occhiali scuri e fece un fischio, Ehilà, abbiamo vinto alla lotteria, di questa razza non ce n’erano ancora arrivate. Eccitato, mentre continuava a palpeggiare la ragazza, passò alla moglie del medico, fischiò di nuovo, Questa è una delle tardone, ma ha tutta l’aria di essere ben fornita. Tirò verso di sé le due donne, quasi sbavando mentre diceva, Mi tengo queste, appena le ho sbrigate ve le passo. Le trascinò giù in fondo alla camerata, dove erano ammucchiate le casse del cibo, i pacchi, le lattine, una dispensa che avrebbe potuto rifornire un reggimento. Le donne, tutte, stavano già urlando, si udivano colpi, schiaffi, ordini, State zitte, puttane, le donne sono tutte uguali, devono sempre mettersi a strillare, Dacci dentro forte, vedrai che starà zitta, Lasciate che arrivi il mio turno e vedrete come ne vorranno ancora, Sbrigati un po’, non resisto un minuto di più. La cieca delle insonnie ululava disperata sotto un cieco grasso, le altre quattro erano circondate da uomini coi pantaloni calati che si spingevano a vicenda come iene intorno a una carogna. La moglie del medico si trovava vicino alla branda dove era stata portata, stava lì in piedi, con le mani convulsamente aggrappate alle sbarre del letto, vide come il cieco della pistola tirò e strappò la gonna alla ragazza dagli occhiali scuri, come si abbassò i pantaloni e, guidandosi con le dita, puntò il sesso contro il sesso della ragazza, come spinse e forzò, udì i grugniti, le oscenità, la ragazza dagli occhiali scuri non diceva niente, aprì solo la bocca per vomitare, con la testa girata, gli occhi verso l’altra donna, lui non si accorse neppure di quanto accadeva, l’odore del vomito si nota solo quando l’aria e il resto non odorano allo stesso modo, infine l’uomo si agitò tutto, diede tre violenti scossoni come se piantasse tre puntelli, ansimò come un porco sgozzato, aveva finito. La ragazza dagli occhiali scuri piangeva in silenzio. Il cieco della pistola estrasse il sesso ancora gocciolante e disse con voce insicura, mentre allungava il braccio verso la moglie del medico, Non essere gelosa, ora mi occupo di te, e poi, alzando il tono, Ehi, ragazzi, potete venire a prendere questa, ma trattatela bene, potrei ancora averne bisogno. Una mezza dozzina di ciechi avanzarono dimenandosi per la corsia, si buttarono sulla ragazza dagli occhiali scuri, la portarono via quasi trascinandola, Prima io, prima io, dicevano tutti. Il cieco della pistola si era seduto sul letto, il sesso flaccido adesso era posato sul bordo del materasso, i pantaloni arrotolati ai piedi. Inginocchiati qui, fra le mie gambe, disse. La moglie del medico si inginocchiò. Succhia, disse lui, No, disse lei, O me lo succhi o ti picchio, e niente mangiare, disse lui, Non hai paura che te lo strappi a morsi, domandò lei, Puoi provarci, ho le mani intorno al tuo collo, ti strangolerei prima che riuscissi a farmi uscire un po’ di sangue, rispose lui. Poi disse, Adesso riconosco la tua voce, E io la tua faccia, Sei cieca, non puoi vedermi, No, non ti posso vedere, Allora perché dici che riconosci la mia faccia, Perché questa voce può avere solo questa faccia, Succhia, e piantala con ’sti discorsi, No, O me lo succhi o nella tua camerata non entrerà mai più una briciola di pane, vai a dirgli che se non mangiano è perché ti sei rifiutata di succhiarmelo, e poi torna a raccontarmi cosa è successo. La moglie del medico si chinò in avanti, con la punta di due dita della mano destra prese e sollevò il sesso appiccicoso dell’uomo, con la sinistra si appoggiò per terra, toccò i pantaloni, li tastò, sentì la durezza metallica e fredda della pistola, Potrei ammazzarlo, pensò. No, non poteva. Coi pantaloni così com’erano, arrotolati ai piedi, era impossibile arrivare alla tasca dove si trovava l’arma. Adesso non lo posso ammazzare, pensò. Avanzò il capo, aprì la bocca, la chiuse, chiuse gli occhi per non vedere, cominciò a succhiare. Albeggiava quando i ciechi malvagi lasciarono andare le donne. La cieca delle insonnie dovettero portarla via in braccio le compagne, che a stento riuscivano, anch’esse, a trascinarsi. Per ore erano passate da un uomo all’altro, da un’umiliazione all’altra, da un’offesa all’altra, tutto quanto è possibile fare a una donna lasciandola ancora viva. Lo sapete, no, il pagamento è in generi alimentari, dite ai vostri ometti di venirsi a prendere la minestra, le aveva schernite congedandole il cieco della pistola. E aggiunse, scherzoso, A presto, ragazze, preparatevi per la prossima seduta. Gli altri ciechi ripeterono più o meno in coro, A presto, alcuni dissero tizie, alcuni dissero puttane, ma gli si notava la spossatezza della libido nella scarsa convinzione delle voci. Sorde, cieche, taciturne, con un residuo di volontà sufficiente solo per non lasciare la mano di colei che avevano davanti, la mano, non la spalla come quando erano venute, certamente nessuna di loro avrebbe saputo rispondere se le avessero domandato, Perché camminate tenendovi per mano, era capitato così, ci sono gesti per cui non sempre si può trovare una spiegazione facile, e talvolta neppure quella difficile può essere trovata. Quando attraversarono l’atrio, la moglie del medico guardò fuori, dove c’erano i soldati, e dove c’era anche un camioncino che forse stava facendo la distribuzione del cibo alle varie quarantene. In quel preciso momento, alla cieca delle insonnie cedettero le gambe, letteralmente, come se gliele avessero troncate di colpo, e le cedette pure il cuore, non si concluse neanche la sistole appena iniziata, finalmente siamo venuti a sapere il motivo per cui questa cieca non riuscisse a dormire, adesso dormirà, non svegliamola. È morta, disse la moglie del medico, e la sua voce era priva di espressione, se mai fosse possibile che una voce così, morta come le parole appena pronunciate, uscisse da una bocca viva. Prese in braccio il corpo improvvisamente disarticolato, le gambe insanguinate, il ventre livido, i poveri seni scoperti, segnati con furia, un morso su una spalla, È il ritratto del mio corpo, pensò, il ritratto del corpo di tutte noi, fra queste offese e i nostri dolori non c’è che una differenza, noi, per il momento, siamo ancora vive. Dove la portiamo, domandò la ragazza dagli occhiali scuri, Adesso in camerata, poi la sotterreremo, disse la moglie del medico. Gli uomini aspettavano sulla porta, mancavano solo il primo cieco, che di nuovo si era nascosto il capo sotto la coperta avvertendo l’arrivo delle donne, e il ragazzino strabico, che dormiva. Senza alcuna esitazione, senza aver bisogno di contare i letti, la moglie del medico andò a deporre la cieca delle insonnie nella branda che le apparteneva. Non si preoccupò del possibile stupore degli altri, in definitiva tutti quanti, lì, sapevano che lei era la cieca che meglio conosceva tutti gli angoli di casa. È morta, ripeté, Com’è stato, domandò il medico, ma la donna non gli rispose, la sua domanda avrebbe potuto limitarsi a ciò che apparentemente significava, Com’è stato che è morta, ma avrebbe anche potuto essere, Che cosa vi hanno fatto, orbene, né all’una né all’altra avrebbe dovuto esserci risposta, è morta, semplicemente, non importa di che cosa, domandare di cosa sia morto qualcuno è stupido, col tempo la causa si dimentica, soltanto due parole restano, È morta, e noi non siamo più le stesse di quando siamo uscite, le parole che avrebbero detto quelle donne noi non possiamo più dirle, e quanto alle altre, l’innominabile esiste, è il suo unico nome, nient’altro. Andate a prendere il cibo, disse la moglie del medico. Il caso, il fato, la sorte, il destino, o comunque si definisca ciò che possiede tanti nomi, è fatto di pura ironia, né altrimenti si intenderebbe come mai erano stati proprio i mariti di due di queste donne i prescelti per rappresentare la camerata e ritirare i generi alimentari quando ancora nessuno immaginava che il prezzo avrebbe potuto essere quello appena pagato. Potevano essere stati prescelti altri uomini, scapoli, liberi, senza un onore coniugale da difendere, ma dovettero essere proprio questi, di certo non vorranno vergognarsi, adesso, di tendere la mano elemosinante a quei bruti e malvagi che hanno violato le loro mogli. Lo disse il primo cieco, a chiare lettere e con decisa fermezza, Ci vada chiunque altro, ma io non vado, Andrò io, disse il medico, Vengo con lei, disse il vecchio dalla benda nera, Il cibo non sarà molto, ma badi che pesa, Per trasportare il pane che mangio le forze mi bastano ancora, Quello che pesa di più è sempre il pane degli altri, Non ho il diritto di lamentarmi, è il peso della parte altrui che pagherà il mio nutrimento. Immaginiamo, non il dialogo, ormai superato, ma gli uomini che lo hanno sostenuto, sono lì faccia a faccia come se si potessero vedere, il che in questo caso non è neanche impossibile, basta che la memoria di ciascuno dei due faccia emergere dall’abbagliante biancore del mondo la bocca che sta articolando le parole, e poi, come una lenta irradiazione da quel centro, il resto dei visi apparirà pian piano, un viso da vecchio, un altro non tanto, non si dica che è cieco chi ancora sia capace di vedere così. Quando si allontanarono per andare a riscuotere il salario della vergogna, come lo aveva definito il primo cieco protestando con retorica indignazione, la moglie del medico disse alle altre donne, Restate qui, torno subito. Sapeva ciò che voleva, non sapeva se lo avrebbe trovato. Voleva un secchio o qualcosa che ne facesse le veci, voleva riempirlo d’acqua, anche se fetida, anche se putrida, voleva lavare la cieca delle insonnie, ripulirla del sangue proprio e della secrezione altrui, consegnarla purificata alla terra, ammesso che ancora abbia senso parlare di purezze del corpo in questo manicomio in cui viviamo, ché alle purezze dell’anima, si sa, non c’è modo di giungervi. (…)




















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